Good Bless America| 2002

Esposizione nella grande città di Dallas

Bernard Hickey

Professor Bernard Hickey AM, e Direttore dell'Osservatorio sulle Diaspore, le Culture e le Istituzioni dei Paesi d'Oltremare, Ordinario di Lingua e Letteratura Inglese, Direttore della Sezione di Studi Australiani presso l'Università di Lecce.

Nel corso degli anni Giovanni Korallo ha condiviso con noi il cammino della sua vita di artista. Ed ora, dopo i suoi ultimi successi a Nairobi e a Torino, ha allestito questa nuova e tempestiva mostra nella sua Lecce "barocca", sua terra natale e di residenza. In un certo senso è il risultato delle riflessioni di Korallo sulla situazione in America, del Nord e del Sud. Egli si esprime con rinnovata singolarità e impegno sugli Stati Uniti e su temi come l'onnipresente Coca Cola o sulla cultura inevitabilmente schizofrenica che è andata oltre l'apoteosi di una Marylin vista come una stella (e incoronata come una stella). Come per l'America Latina, l'accostamento dell'osservazione acuta di Korallo alla rappresentazione accurata degli emigranti che si sono realizzati dal punto di vista economico in Argentina acquista una nuova dimensione umana grazie alla scelta dell'ambientazione. In questi dipinti, la musica ha una forza/potere suprema/o. Essa influenza a tal punto i personaggi rappresentati da far loro abbassare la guardia per svelare i loro sentimenti più intimi. I desideri non appagati e la nostalgia degli emigranti lontani da casa vengono visti in maniera chiara e commovente nell'abbandono controllato, nell'iterazione incessante della coppia che balla il tango e nei numerosi "single" di mezza età raggruppati intorno al pianoforte. Nel silenzio reale si riescono a sentire con la mente le loro voci lamentose, o, per tornare alla danza, si può risalire ai ritmi di un Astor Piazzolla che ha creato un ethos italo-argentino nelle sue composizioni. Tuttavia, visti i drammatici eventi di New York in quel fatidico 11 settembre 2001/ a cui hanno fatto seguito la spaventosa crisi finanziaria e la conseguente crisi politica in Argentina, la mostra di Korallo -programmata prima di questi disastri- acquista nuova importanza, nuova incalzante necessità. Il mondo è cambiato, e anche noi, e le nostre percezioni. Mentre i media si stanno concentrando su terrorismo, violenza, guerra e morte, vi è una corrente parallela di una più attenta consapevolezza dei valori umani, dell'ingiustizia, dei diritti umani. Allo stesso tempo vi è una maggiore attenzione - a livello di attivismo e introspezione - sull'individuo, componente umano della sofferenza e della responsabilità collettiva nel mondo. Per fortuna non vi sono cambiamenti nei valori fondamentali di Korallo. La musica continua ad avere il suo ruolo onorato dal tempo, la gente canta, i ballerini ballano ancora. Korallo ha sempre proiettato una fusione di energia, umanità, sensualità, spiritualità e generosa, gioiosa esuberanza, che porta inevitabilmente alla mente una originaria impressione del barocco. Per molti versi quest'idea non verrà sfidata dall'artista stesso, e inoltre, è davvero molto appropriata da applicare allo spirito di che è nato e si è formato a Lecce (ma non esclusivamente). Senza dubbio, un abitante di Lisbona non avrebbe bisogno di informazioni sul Barocco, ma potrebbe gradire un commento su Lecce, che fa la sua parte nel Consiglio europeo di "Le Routes du Baroque" e di "Les Espaces du Baroque" dell'UNESCO. Il Barocco leccese appartiene alle grandi tradizioni dell'arte barocca meridionale in Italia, nella Penisola Iberica e negli Imperi portoghese e spagnolo nel mondo, pur mantenendo il suo carattere distintivo / specifico / peculiare. Tuttavia non si allude ad alcuna incongruenza, è la vita stessa. Non ci rimane che essere grati a Giovanni Korallo per la sua mostra e per voler condividere con noi i suoi ultimi correlativi oggettivi visivi come espressione della complessità del destino di ogni essere umano in una società globale.

Informazioni:

Nazione di Esposizione: Stati Uniti

Città di Esposizione: Dallas

Museo di Esposizione: Istituto di Cultura Italiano - Dallas

Mostre successive

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Critiche artistiche

Arrigo Colombo

" Il pittore della società opulenta, affluente; di quella che, verso la fine degli anni '50 l'economista americano Galbraith chiamò con questo nome, ch'è rimasto. La società dell'inesausta offerta dei beni, i grandi magazzini e supermercati dove le merci di ogni tipo si affollano, si ammucchiano, facili, suadenti, sollecitano l'occhio, il desiderio; i grandi enormi centri di acquisto... "

Arrigo Colombo

Il pittore della società opulenta, affluente; di quella che, verso la fine degli anni '50 l'economista americano Galbraith chiamò con questo nome, ch'è rimasto. La società dell'inesausta offerta dei beni, i grandi magazzini e supermercati dove le merci di ogni tipo si affollano, si ammucchiano, facili, suadenti, sollecitano l'occhio, il desiderio; i grandi enormi centri di acquisto. Società, dell'automobile, del televisore, delle vacanze, della seconda casa; del viaggio sempre possibile ovunque, dello spettacolo sempre presente. Società della ricchezza espansiva, l'arricchimento rapido e vorticoso; le sacche di povertà essendo pur sempre presenti ma nascoste, sollecitamente occultate. Il pittore, dunque, assume nei suoi quadri questa società. L'opulenza vi trova il suo prototipo della donna, nel suo corpo formoso e splendente, gli abiti sontuosi, i gioielli. Molti quadri sono semplicemente ritratti di donna come figura e simbolo di opulenza.. La donna, il termine del più intenso e corposo desiderio dell'uomo, del maschio, di colui che ancor sempre domina e governa questa società, compare qui come sovrana e dea, dispensatrice di bellezza, piacere, ricchezza. Anche se la sua figura statuaria e statica, distaccata sempre, gli occhi spersi e insensibili, è fortemente reificata, oggettuale, mercificata. Come tutta l'umanità di questi quadri: le coppie di sposi distesi in una rigida incomunicabilità, le coppie con figlio rigide fisse, lo sguardo ottuso, i gruppi di famiglia. In posa sempre, in interni fastosi preziosi, morbidi divani e cuscini, tappeti,tappezzerie, quadri, segni della nuova ricchezza facile, status symbols. In cui sono cresciute le cose senza che crescessero le persone, si formasse ed espandesse la mente, lo spirito, la moralità, gl'ideali, i valori supremi. Reificati, oggettualizzati, mercificati. Siedono, stanno. Giacciono, si ammucchiano come cose, personalità perdute, volti insignificanti, gesti inespressi, assenza di comunicazione, incomunicabilità totale. Sugli sfondi si adombra talora un mondo diverso e opposto: d'interiorità, pensieri e desideri interiori: di libertà (così il ricorrente tema dell'uomo che nuota nell'onde, in uno spazio grande aperto); o anche semplicemente di realtà, di lavoro fatica dolore. Come ricordo, ansia occulta; come richiamo. Quadri intensi di colore, di forme, come di senso. Il fatto pittorico ritorna qui in tutto il suo splendore; anche se esaltato nel brillio fatuo e caduco, nella presa critica e ironica. Sì che la realtà delle cose è trascesa e trasfigurata (o sfigurata) dall'immaginazione creativa, cui presiede l'idea, il pensiero; a ricostruire e significare quel mondo. Un itinerario suggestivo nel ritorno alla figura.